Al santuario, tuttora frequentato, era legata una insolita espressione di pietà popolare nota come - corsa del fuoco o "delle frasche" - Annualmente la sera del 13 dicembre tutti gli adolescenti ed i ragazzi, escluse le donne, salivano al santuario di S. Lucia, dove i giovani più grandi e gli anziani avevano già preparato le "frasche": fascine a forma di cono eseguite con legna minuta e 'canne legate con rami di oleastro. Quindi accese le torce i giovani più grandi dinanzi e i più piccoli dietro si lanciavano, gridando e correndo, lungo il pendio della strada che va dal santuario al centro abitato, e arrivati nella attuale piazza Vittorio Veneto giravano per tre volte intorno ad una catasta di legna, approntata in precedenza, e vi appiccavano il fuoco. Iniziava allora l'ultima fase del rito. I giovani riuniti in cerchio attorno al falò, per dar prova di virilità e coraggio, si lanciavano tra le fiamme saltandole. Naturalmente più grande era la fiamma e il salto, più alta era la considerazione che il ragazzo acquistava tra i suoi coetanei e, soprattutto, tra le sue coetanee. Vana appare ogni ricerca per determinare l'origine della singolare "processione": nata al sorgere dei tempi in essi si perde. Inoltre non bisogna dimenticare che le "frasche", portate da adolescenti, erano a forma di cornucopia. Questo simbolo era particolarmente caro all'adolescente Attis, dio delle piante e figlio della dea Cibele; e il culto di Attis e di Cibele doveva essere particolarmente vivo qui da noi, come inducono a pensare i numerosi reperti votivi dedicati a questi dei e ritrovati in varie zone del territorio rebalbutese.